
Dalla scoperta delle riserve petrolifere, le grandi multinazionali del petrolio si sono impegnate nell’estrazione degli idrocarburi e a creare migliaia di km di oleodotti.
INAUGURIAMO QUESTO MODESTISSIMO BLOG, CON L'INTENZIONE DI POTER FORSE ESSERE UTILI, ANCHE SE IN MISURA MINIMA, AL CURIOSO CHE CERCA DI APPROFONDIRE UN POCO OLTRE, LE VARIE "VERITA' " CHE CI VENGONO PROPINATE DAI "MEDIA UFFICIALI" RINGRAZIAMO GLI AUTORI DEI BLOG CHE CI CONSENTIRANNO DI RIPORTARE I LORO ARTICOLI PIU? INTERESSANTI. ...LUPOGRIGIO
Londra ha da sempre rappresentato una piazza privilegiata di contrattazione del metallo giallo. Peccato che da qualche mese a questa parte ci siano sempre maggiori richieste di movimentazione dei lingotti in custodia. Nell’ottobre 2009 successe un fatto spiacevole: J.P. Morgan e Deutsche Bank (strettamente sorvegliati dalla Bank of England) che avevano precedentemente venduto Gold Futures (lingotti virtuali) al prezzo di circa 1000$/oncia chiesero ai legittimi proprietari se quell’oro poteva essere da loro ricomprato a 1250$/oncia per evitare di dovere consegnare quei lingotti. Lingotti che evidentemente non possedevano. Quello che sta accadendo è che per ogni lingotto conforme alla London Good Delivery (società che certifica la qualità dei lingotti usati nelle transazioni del mercato londinese) ci sono diverse richieste di proprietà. Basta che un numero sufficiente di investitori perda la fiducia nei depositi e si rechi a ritirare i lingotti di loro proprietà per far crollare il mercato dell’oro. Ed il mercato in toto.[1] Insomma c’è una richiesta esagerata di oro. Lo vogliono tutti: investitori, banche e privati. Come fare a soddisfare tale richiesta? Si va a lezione dagli antichi alchimisti, e si trasforma un metallo meno nobile in oro.
La storia inizia circa 15 anni or sono. All’epoca della presidenza Clinton (coadiuvato da Robert Rubin, Alan Greenspan e Lawrence Summers) circa 1,5 milioni di lingotti di tungsteno da 400 once furono sfornati da una sofisticata industria metallurgica americana. Successivamente 640.000 lingotti furono dorati e spediti a Fort Knox dove tuttora sono. Esistono copie dei documenti di spedizione che attestano date, quantità e peso dei lingotti consegnati a Fort Knox. [2] Perché tungsteno? Perché ha peso specifico molto simile all’oro ma costa relativamente poco (circa 20$ al chilo). Dal rapporto peso/volume un lingotto di tungsteno non si distingue da un lingotto d’oro. Il resto dei 1,5 milioni di lingotti di tungsteno furono comunque dorati e immessi nel mercato. Quindi il mercato non è stato solo avvelenato dalla recente bolla dei mutui subprime (in realtà dai Collateralized Debt Obligation-CDO, titoli garantiti dagli Asset Backed Security-ABS che sono le cartolarizzazioni dei subprime…è una storia di finanza così complicata che per brevità i CDO sono stati chiamati “titoli-salsiccia”), ma presenta seri sintomi di avvelenamento da oro falso. Recentemente sono stati rinvenuti lingotti di oro riempito di tungsteno nelle banche di Hong Kong.[3] Provenivano tutti dagli Stati Uniti. L’ipotesi che si affaccia è che siano il frutto delle richieste di pagamento dei Buoni del Tesoro USA da parte della Cina che teme sempre più di avere carta straccia nei suoi depositi valutari. Oro falso al posto di carta straccia: una fine operazione di alta finanza. Pianificata addirittura 15 anni fa, quando si accusava la Cina di falsificare tutto.
Se per caso avete la passione per il falso oro (no, non è l’oro del Giappone che da noi si chiama ottone…) rivolgetevi con fiducia alla Chinatungsten. [4] La ditta cinese vi spiegherà che il tungsteno è environmental-friendly, e che mentre la lega oro-tungsteno non funziona per svariati motivi, una moneta con l’anima di tungsteno e la copertura di oro non potrà mai essere identificata come contraffazione da misure di densità. Chinatungsten spiega molto bene come funziona: “in dettaglio il tungsteno puro sotto forma di dischi, piatti, fogli, anelli etc.. se rivestito con uno strato di oro acquisterà la sua tipica brillantezza e potrà così rimpiazzarlo”. Troneggia nel sito un’allettante fotografia di lingotti d’oro marcati. Beh, oro…… Ed un’avvertenza: per cortesia non usate i nostri prodotti di tungsteno placcato oro per scopi illegali.
Potenza del dualismo Yin e Yang o del pragmatismo confuciano?
La questione svela un fenomeno a dir poco preoccupante: l’iperrealtà ha preso il sopravvento sulla realtà. Ci ritroviamo a rincorrere valori non tanto determinati dalla rarità dell’oggetto (l’oro), ma dal culto che questo suscita. Ed i culti come i miti, sebbene abbiano un punto di partenza fisico seguono linee evolutive molto diverse, arrancando ben presto negli alti pascoli della metafisica (o della fisica da contrabbando). È la vecchia questione della domanda-offerta, vincolo mitico imposto dal dio Mercato e scritto nel decalogo del capitalismo. Il falso, checché ne dicano i legislatori bigotti, è un elemento trainante dell’economia perché legalizza e giustifica un altro falso: credere che in democrazia vi sia un paritario diritto all’accesso. A ben vedere la democrazia, figlia degli interessi della classe borghese, si fonda sul falso. Una falsa offerta di informazioni, una falsa offerta di libertà, una falsa offerta di partecipazione e così via. Chi è quindi più titolato dei cinesi (falsi comunisti) ad offrire falsi che promettano di mettere il falso capitale al sicuro?
[1]http://www.marketskeptics.com/2009/10/gold-market-reaching-breaking-point.html
[2]http://www.marketoracle.co.uk/Article14996.html
[3]http://www.financialsense.com/fsu/editorials/willie/2009/1118.html
[4]http://www.tungsten-alloy.com/en/alloy11.htm
I NUMERI “COSIDETTI” ARABI, furono introdotti, piú o meno consapevolmente , fin dalla antichitá al fine di poter operare su quantitá di elementi costituenti insiemi o su quantitá esprimenti misure di entitá materiali. La prima numerazione scritta risale al 3500 a.C. (piú di 5500 anni fá) in Mesopotamia. La numerazione attualmente da noi usata, con nove cifre piú lo zero, è stata elaborata in india intorno al V secolo d.C., ma da come vediamo in tabella, il decimale non era sconosciuto giá agli Egiziani,ai babilonesi, ai Cinesi e persino a i Maya.
I numeri presso i Greci ,come giá presso i Fenici, venivano espressi con le lettere attribuendo loro il valore corrispondente al posto occupato nell’ordine alfabetico ( alfa=1, beta =2,gamma=3, ecc.). Le lettere usate come numeri erano fatte seguire da una specie di apostrofo. Solo i Romani usarono per la numerazione segni speciali diversi dalle lettere dell’alfabeto; ma la fortuna di questi caratteri venne meno nel Medio Evo quando i primi Europei, traducendo le opere matematiche orientali, adottarono anche il modo di rappresentare i numeri, che presero perció il di cifre Arabiche.
La prima esposizione è del matematico indiano Brahmagupta nel VII secolo d.C. Furono poi gli Arabi, con il matematico M. ibn Al-Khawarizimi (780-850) durante la loro dominazione a utilizzarli e a importare le cifre ed i procedimenti di calcoli dall’India, dove il sistema decimale era applicado fin dal 500d.C. , mentre i segni numerati da 1 a 9 erano giá noti nel III secolo a.C.
I numeri arabi occidentali, detti “ghubar” vennero poi introdotti con la dominazione Mussulmana in Spagna e da quí verso l’anno Mille si diffusero negli altri paesi dell’Europa . In Italia e nell’Europa Medievale furono diffusi da Leonardo Fibonacci (1170-1230) con il suo trattato”Liber Abaci” pubblicato nel 1202.Essendo notoriamente usati dagli arabi, impropriamente si chiamano ancora oggi “ numeri Arabi”, invece la scrittura vera e propria è quella Indiana. Da notare che i Maya utilizzavano giá la numerazione decimale , con una singolaritá: sono espressi in due modi, come i Cinesi, perfino piú elegantemente: in punti e linee .
L’arabo Muhammad Al-Khwarizimi giá intorno all’anno 810 utilizzando i numeri indiani, “divenuti arabi” aveva giá scritto un libro di matematica coniando un termine che in Italiano divenne “algebra” .
Tratto da www.disinformazione.it
Da qualche settimana assistiamo in TV alle spettacolari ed inquietanti immagini del vulcano islandese, che erutta ancor oggi liberando fin oltre la tropopausa (1) una grossa e minacciosa nube.
Minacciosa, certo. Per la salute degli islandesi e per i motori degli aerei di linea.
Così, pochi giorni dopo l'inizio dell'esplosione,
Eurocontrol, l'ente europeo responsabile del flusso di traffico aereo, emetteva un'informativa SIGMET con tanto di cartografia ove specificava le tre categorie di zone a rischio: no fly (voli proibiti), conditional (voli ammessi a discrezione del comandante), no restriction (voli permessi).
E allora uno dopo l'altro ogni paese europeo, Italia inclusa, chiudeva il suo spazio aereo a garanzia della sicurezza.
E allora? Tutto corretto, no?
Andando un pò, soltanto un pò a fondo nella questione ci si accorge che qualcosa, come sempre, non torna.
La polvere vulcanica fonde intorno alle temperature di
Inoltre corrode e danneggia le pale di compressori e turbine, provocando finanche lo stallo del motore, ma anche le superfici di ali e coda, riducendo la quantità di portanza sviluppata. I finestrini poi si opacizzano, impedendo la visione all'atterraggio, ed i freni diventano meno efficienti.
Drammatico direi!
Ma ci riferiamo ad una nube che, appena fuoriuscita dall'esplosione, contiene particelle nell'ordine di millimetri cubici, cioè di entità tale da provocare quanto sopra. Queste particelle poi, nella misura in cui le correnti ascensionali non sono più sufficienti a mantenerle in sospensione, ricadono al suolo. Le altre, via via più piccole fin sotto il micron, restano sospese e potrebbero essere trasportate dalle correnti a getto (venti d'alta quota) anche per centinaia di chilometri.
Bene: secondo le carte pubblicate da Eurocontrol, le zone a rischio si estenderebbero dall'Islanda fino alla Russia ma anche dall'Islanda fino all'America Centrale!
Capito bene?
In altre parole, le correnti a getto, correnti che spirano da Ovest, avrebbero trasportato le nanoparticelle implicate verso Est fino a svariate migliaia di chilometri MA in qualche modo le stesse sarebbero anche state sospinte controcorrente fino al Portorico!
Questa "curiosa" teoria non è mai stata verificata né avallata da analisi scientifiche dell'aria, effettuate da alcuno degli stati che avevano chiuso il proprio spazio aereo, e neppure da alcun avvistamento da parte di piloti. Puramente una teoria che, per qualche ragione, è apparsa a tutti ragionevole.
Ma perché soltanto oggi appare tale?
Perché per decine d'anni si è volato sull'aeroporto di Catania, con l'Etna attivo e la quotidiana nube traversale alle rotte di volo, soltanto evitandola "a vista" e soltanto di qualche decina di chilometri? Il pilota sa bene che già a tale distanza, ove non è più visibile, la nube si è talmente rarefatta da non rappresentare più un pericolo "tecnico" per l'aeromobile.
Semmai le nanoparticelle invisibili potrebbero porre un problema "medico", per la salute di chi all'interno dell'aereo le respira, essendo queste in grado di permeare la membrana cellulare e addirittura interferire col DNA: proprio come quelle emesse dai NON pericolosi inceneritori, no scusate, termovalorizzatori.
Ma questo vale anche e soprattutto di chi, nei pressi del vulcano, ci trascorre l'intera sua vita.
Ed ecco che, qualche giorno fa,
E così oggi la nube è divenuta un fantasma. Prima c'era, ora non c'è più, domani magari ci sarà ancora.
Nessun media più se ne interessa.
E come
Ma cosa è avvenuto nel frattempo?
In una settimana di cancellazioni a tappeto e MILIONI di passeggeri e merci a terra, il mercato globale si è arrestato ed è già a rischio di tracollo: per i pezzi di ricambio non consegnati, l'industria automobilistica BMW è a rischio fallimento, così come lo sono migliaia di altre industrie, oltreché compagnie aeree, Alitalia-CAE in primis.
Cui prodest: a chi giova tutto ciò? Ci sono ancora dubbi?
Ai soliti noti, le eminenze grigie che controllano stati come
Che sia stata un'operazione finanziaria, un'esercitazione militare di portata sovranazionale o una manovra occulta d'altro tipo, è di certo qualcosa che comunque noi popolo non avevamo chiesto, votato o approvato, e di cui senza dubbio abbiamo assistito inermi all'ennesima manipolazione mediatica, nonostante ci sforziamo di sedare l'intima voce dell'intuizione in noi che ci pungola alla diffidenza.
Chi può, comprenda. Chi ancora riesce ad avere il tempo e la salute per farlo, discerna ciò che gli viene offerto in pasto dall'establishment mediatico e politico.
Se si vuol essere pecore, disinteressandosene, oppure struzzi, tenendo la testa sotto la sabbia e le chiappe esposte perché si è compreso ma non si ha il coraggio di alzare la testa, si prenda coscienza che presto la testa non la si potrà più alzare, poiché se si accetteranno determinate restrizioni prossime venture non si avrà più la possibilità di replica, di dissenso come ancora esiste oggi.
Quel giorno, a causa di tutte le nostre paure avremo ceduto la nostra autonomia, di azione ma anche di pensiero e sentimento: libertà sarà per noi essere finalmente controllati, perciò al sicuro!
E senza neppure rendersene conto si avrà già il collare addosso, un chip a radiofrequenze sotto pelle come già oggi hanno cani e qualche star hollywoodiana, collegato al Golem, il messia elettronico, senza il cui marchio "non si potrà nè vendere nè comprare" (l'Apocalisse).
Ed il bello è che saremo stati noi, proprio noi, spaventati, lobotomizzati e malati, ad averlo chiesto!
(1) Tropopausa: è lo strato di atmosfera che separa la troposfera dalla stratosfera, in cui avvengono i fenomeni meteorologici. Si trova ad una quota media di circa 12 km e il suo spessore è variabile.
20/04/2010 | |
Cara Milena, ero già rimasto assai perplesso dal vostro servizio sul CICAP andato in onda il 14/03/2010, nel quale un argomento assai importante e controverso come il fenomeno delle “scie chimiche” veniva, com’era peraltro prevedibile, tratteggiato alla stregua di una leggenda metropolitana istigatrice di una sorta di ingiustificata isteria collettiva veicolata tramite Internet, e accomunato ad altri fenomeni da baraccone peraltro “sbufalati”, come amano esprimersi gli adepti di questo “comitato”, grazie alla razionalità e al rigore dell’analisi scientifica della quale si dichiarano portatori. La replica del 18 aprile mi è apparsa ancor più strumentale, dando a intendere che la lettera sdegnata e inutilmente scurrile e offensiva che hai letto in televisione rappresentasse il pensiero, ma soprattutto la tipologia e la moralità, di coloro che hanno avanzato pesanti critiche nei confronti del tuo operato. Critiche peraltro del tutto giustificate, considerando che da molti anni ricevi numerosissime segnalazioni e richieste affinché la redazione di Report si occupi in prima persona del fenomeno, indagandolo con la professionalità dimostrata in innumerevoli, coraggiosi e documentati servizi giornalistici che vi fanno davvero onore. I mezzi a disposizione di una prestigiosa testata come la vostra sono di gran lunga maggiori di quelli di numerosi attivisti e ricercatori indipendenti, che cercano di arrangiarsi come possono per venire a capo di un enigma che ha sollecitato ben nove interrogazioni parlamentari (nazionali e regionali) nel nostro paese. Stiamo parlando di un fenomeno che in Italia (e più in generale in Europa) ha cominciato ad essere segnalato sin dal 1999: sono passati ormai 11 anni. Non voglio in alcun modo sminuire l’importanza e l’attualità delle tematiche di cui vi siete occupati in questo lasso di tempo, ma mi riesce assai difficile comprendere come un argomento così dibattuto in rete e oggetto di interrogazioni, incontri pubblici, documentari, articoli e conferenze non abbia mai potuto trovare spazio o meritare la vostra attenzione. Intorno a questo fenomeno esiste senz’altro una gran quantità di speculazioni, fraintendimenti e disinformazione: proprio per questo eravate stati a gran voce sollecitati ad occuparvene in prima persona, affinché tramite la vostra specchiata professionalità, perspicacia e presunta onestà intellettuale poteste contribuire a chiarire una volta per tutte la natura e gli eventuali scopi di questa allarmante attività nei nostri cieli. Non solo avete clamorosamente mancato a questo compito, ma lo avete “sdoganato” tramite un servizio sul CICAP futile e per certi versi incomprensibile, considerando il genere di giornalismo che solitamente vi caratterizza. Spero sinceramente che voi decidiate finalmente di indagare esaustivamente il fenomeno delle scie chimiche, e sarò lieto, se lo vorrai, di fornirti suggerimenti e contatti utili alla tua indagine. Sono certo che non avresti grosse difficoltà, per esempio, ad organizzare un campionamento dell’atmosfera in quota, un elemento di prova che chiarirebbe una volta per tutte l’eventuale presenza di sali di bario e/o solfato di alluminio (nonché la presenza di eventuali altre sostanze). Naturalmente una tua eventuale risposta è più che gradita, e verrà pubblicata immediatamente. Con immutata stima Tom Bosco Direttore, NEXUS New Times, Edizione italiana Eh gia!.... daltronde cosa altro ci si poteva aspettare?......é ormai scontato che qualunque fonte sia veramente dissidente, non potrá certo mai trovare spazio su mezzi di comunicazione comunque legati al “sistema” . Certi media o testate che si propongono come di informazione dissidente dallo stesso e che vanno in rete su canali tradizionalmente e innegabilmente legati al sistema, specialmente se in “prima o pur seconda serata” , hanno come obbiettivo di rassicurare quella fascia di pubblico un pó piú attenta agli avvenimenti, che non si sofferma esclusivamente a quanto plasmato sui vari Telegiornali di qualsivoglia rete, Corriere, Repubblica, Unitá, Libero, Giornale, ecc. ecc....dandogli cosí l’impressione di vivere in un contesto comunque democratico, dove ci sia ancora spazio per analisi obbiettive sui probblemi vessatori che la nostra societá ci impone e dissimula. Codeste testate che pur propongono alcune serie analisi, peró solo su temi “secondari” ( qualche cosa bisogna pur sacrificare per dare un minimo di credibilitá!) , costoro spesso si avvalgono di persone note o enti appositamente creati e messi in “lista paga” per dare una sensazione di “ufficialitá” detti elementi “ufficiali” , si possono ben identificare con la descrizione di “Debunker” Il vero ruolo del debunker non è quello di smontare le accuse complottistiche, questo è solo ciò che appare sulla facciata. Il suo vero ruolo è quello di rassicurare le persone che non se la sentono di affrontare verità che sicuramente non sono leggere per nessuno. E' per questo che la presenza di un sito di debunking di una certa rinomanza è indispensabiile per un corretto equilibrio dell'ecosistema “informazione”. Con il dilagare della libera informazione, che continua a sollevare tappeti sempre più polverosi e ingombranti, bisogna poter fornire a chi ne ha bisogno un'ancora di salvezza, un salvagente a cui aggrapparsi per non cadere di colpo nel baratro più buio…………sempre vs. Lpg |
La lieta novella è arrivata, giusto ieri, a reti e pagine dei giornali unificate. L’ex governatore del Lazio - ed ex conduttore tivù; ed ex frequentatore di festini a luci rosse; ed anche ex ospite di luoghi eremitaggio vari -, insomma: l’ex tante cose, Piero Marrazzo dovrebbe rientrare in Rai entro fine mese. Cioè tra una manciata di giorni.
In effetti i magistrati - dopo lo scandalo che aveva portato alle sue dimissioni - l’hanno, per certi versi, scagionato. Secondo i giudici della quarta sezione della Cassazione, infatti, Marrazzo è stato “vittima di un’imboscata”; la droga, anche se era sua, era “irrilevante”, perché tanto era per uso personale; e pure “irrilevante” era il fatto che sia andato a prostitute con l’auto blu della Regione e pagata con le tasse dei contribuenti, perché da governatore del Lazio era “autorizzato a servirsi” della macchina di rappresentanza. Evidentemente anche per andare a mignotte. Del resto si sa: noblesse oblige.
In realtà... la quarta sezione della Corte di Cassazione non si è espressa proprio proprio sul caso Marrazzo. Per quello - visti i tempi lumaca della giustizia italiana - bisognerà ancora aspettare. No, la Cassazione doveva - e lo ha appunto fatto - dire la sua sulla scarcerazione di uno dei carabinieri che - con la famosa imboscata - avrebbe pescato l’allora governatore a braghe calate. Le considerazioni sulla posizione di Marrazzo sono state fatte, quindi, un po’ en passant. Altri magistrati dovranno dire la loro. E molti dubbi debbono ancora essere completamente fugati, a partire da quello su dove Marrazzo trovasse i soldi per droga e transessuali, che - a quanto pare - pagava a peso d’oro. Ma l’ex governatore ha preso questo primo pronunciamento come un’ottima notizia (“La suprema corte ha cristallizzato la verità”, l’ex governatore del Lazio dixit). E ieri - con una raffica di interviste - ha annunciato la sua rentrée nella televisione pubblica. Quella pagata - come la Regione Lazio - da tutti gli italiani.
Per fare cosa? “Sono a disposizione dell’azienda. Farò quello che loro riterranno”, ha risposto diplomaticamente Marrazzo al quotidiano torinese “La Stampa”. Difficile dire se tornerà a recitare il ruolo di difensore dei deboli e sdegnato fustigatore dei potenti come ai tempi belli, quando conduceva “Mi manda RaiTre”. Per certo dovrebbe tornare a incassare il suo stipendio sempre pagato dai contribuenti. Che è già qualcosa.
Del resto: si può davvero biasimare questo desiderio di ricominciare, di tornare in qualche modo in scena, e rimettere le mani su quel che, a parer suo, gli spetta?
Ecco, in teoria, forse sì.
Per dire. Quando si era candidato, a guidare il Lazio - nel non lontano 2005-, Marrazzo dipingeva Marrazzo così: “Mi chiamo Piero Marrazzo e vorrei raccontarvi due o tre cose che so di me. Ho 46 anni e sono nato a Roma, all’Aventino il 29 luglio 1958. La famiglia è la mia vera grande passione. Ho tre figlie: (…). Con loro e con Roberta, la donna della mia vita, passo tutto il mio tempo libero. Sono cattolico, cresciuto, come molti ragazzi della mia generazione, frequentando l’oratorio e la parrocchia di Santa Chiara“. Si candidava nella regione del Vaticano. Si dipingeva come cattolico. Chiedeva il voto dei cattolici. Ma oggi - probabilmente - anche tanti suoi ex elettori cattolici vorrebbero dirgli due o tre cosette che nel frattempo hanno scoperto su di lui.
C’è, insomma, la questioncella della fiducia tradita e il fatto che ha mentito ai suoi elettori. Così come ha mentito ai suoi ex colleghi giornalisti, negando - all’inzio dello scandalo - l’esistenza del video e bollando tutta la storia come una bufala. E poi - ultimo ma non meno importante - ci sono gli strascichi di una vicenda giudiziaria che ancora è lungi dall’essersi conclusa. Quale credibilità potrebbe avere, quindi, se dovesse tornare a fare il giornalista in Rai?
Ma tant’è. Si potrebbe, si diceva, criticarlo. Ma solo in teoria. Perché la prassi - alla faccia degli scandali e di una coerenza ritenuta evidentemente superflua - è un’altra.
Per rendersene conto basta ripassare - anche distrattamente - la cronaca delle ultime settimane. Per esempio:ultimamente è tornata anche Sandra Lonardo, in arte Lady Mastella. I giudici l’avevano confinata a Roma, lontana dagli affetti e dalla natìa Ceppaloni (fuor di metafora: i magistrati le avevano appioppato un divieto di dimora in Campania per una spinosa vicenda di appalti e nomine). Ebbene. Diecimila elettori - con le elezioni del fine marzo scorso - l’hanno prontamente “rispedita” a Napoli a fare il consigliere regionale. Un ritorno in politica in pompa magna che segue - a distanza di meno di un anno - quello del più celebre marito, Clemente Mastella. Pure lui finito varie volte nel mirino dei giudici. E pure lui rieletto - a furor di popolo, con 110mila preferenze - al Parlamento europeo.
Ed è tornata, senza dare troppo nell’occhio, anche l’ex leghista ed ex presidente della Camera - e regina del trasformismo - Irene Pivetti. Quando stava sulla poltrona più alta di Montecitorio si dipingeva come integralista cattolica. E infatti, gettata la carriera politica alle ortiche, si era giustamente riciclata come show girl, dedicandosi a programmi dal sapore trash, tipo il celebre “Bisturi” che conduceva assieme al travestito Platinette. Ecco. Ora - dopo averannunciato in diretta tivù il divorzio dal marito - sta rientrando a piccoli passi sulla scena istituzionale: una manciata di settimane fa, è stata meritatamente nominata presidente di Iptv, l’associazione costituita da Fastweb, Telecom e Wind per promuovere la televisione via internet (l’Iptv, appunto). Terrà i contatti con il mondo della politica. E chissà che non ci rientri definitivamente.
Del resto: mai dire mai. E lo sa bene Daniela Santanchè. Che alle ultime elezioni - quelle che hanno consacrato premier Berlusconi - aveva fatto proclami storici. Si era candidata premier per “La Destra”. Si era definita orgogliosamente “fascista”. E aveva definitivamente rotto con il Cavaliere a colpi di insulti. Lo aveva accusato di essere “parte del teatrino della politica”; un uomo che vede le donne “solo orizzontali”; un venditore di bufale con un programma di governo “inattuabile”. Trombata alle elezioni, non era manco stata eletta in Parlamento. Ma neanche due anni dopo, a inizio marzo di quest’anno, è diventata sottosegretario. E - neanche a farlo apposta - ha preso la delega all’Attuazione del programma. Chiaramente del governo Berlusconi.
Ma è tornato - per finire e scorsa settimana - perfino il senatore a vita e democristiano doc, Emilio Colombo. Nel 2003 - alla tenera età di 83 anni - il suo nome era finito in una incresciosa inchiesta su droga e prostituzione. Si scoprì che comprava cocaina, ma - come si affrettò a precisare lui - solo per “uso terapeutico”. Risultato: sette giorni fa, Colombo ha voluto festeggiare il suo novantesimo compleanno, intervenendo in Senato. Aveva un messaggio importante: voleva invitare i colleghi tutti a “credere nella democrazia senza imboccare scorciatoie, difendendola dalle tossine del populismo”. La senatrice ex Diccì ora Piddì, Maria Pia Garavaglia lo ha applaudito ed elogiato: una “lezione di invidiabile onestà intellettuale”. Parole da test antidoping.
Insomma. A volte ritornano. In Italia, sempre. E secondo un copione ben preciso: in caso di scandali, promesse da infrangere, amici da rinnegare o nemici da abbracciare - se è necessario - si esce di scena. Si aspetta un po’ sulla soglia; ci si pente; ci si duole. E poi si torna baldanzosi e speranzosi a suonare il campanello. Al limite, si passa dalla finestra. E quindi? E quindi non stupisce il desiderio di rientrare di Marrazzo, che se non dovesse farcela a questo giro, ce la farà quasi sicuramente al prossimo, quando le acque si saranno definitivamente quietate. Stupisce un’opinione pubblica smemorata, indifferente e portata sempre a farle passare tutte. Quando non a dare una mano. Perché tanto “il più pulito c’ha la rogna”. Perché “lui sì, e l’altro no?”. Perché qualcuno, i Mastella e non solo i Mastella, li avrà pure votati.
SCRITTO DA BAMBOCCIONI ALLA RISCOSSA e tratto dal blog di Pressante.com
Tutti sanno ormai che, per demolire la piazza finanziaria, togliere clienti ai fiduciari ticinesi e devastare la prosperità elvetica, troppe procure e giornalisti hanno l'abitudine di accusare di ‘riciclaggio' tutti e tutto anche quando si trattasse di contrabbando o evasione dell'imposizione fiscale o, peggio, di vecchia ricettazione. Con l'ipotesi del riciclaggio che spesso si accompagna a teoremi fantapolitici che, come si vede ormai a ripetizione, vorrebbero favorire la carriera politica di qualche giudice pressappochista, gli inquirenti possono adire a strumenti d'indagine più forti. Ad esempio, le rogatorie internazionali e molto altro ancora, come arresti al confine, arresti domiciliari, commissariamenti che si traducono spesso in faide tra poteri dello stato, per voler e poter ficcare il naso nei caveau e nei computer e negli uffici svizzeri a caccia di nomi di politici da rovinare e di imprenditori da rapinare.
Tutto questo ha una chiara matrice politica di parte, è strumentale ed è ben lungi da quell'opera indispensabile e urgente di moralizzazione, etica e pulizia del mondo finanziario che deve operare un drastico cambiamento strutturale per rimediare alle devastanti catastrofi provocate da banchieri rapaci o finanche condannati, borsisti ladri e gestori inadeguati, di cui è zeppa la piazza finanziaria italiana.
Fonte > Ticinofinanza.ch e da EFFEDIEFFE
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Il vulcano sottomarino Marsili |
«URANIA» - La sua storia si confonde nel tempo e non si sa quando sia avvenuta l’ultima eruzione: di certo in epoche lontane. Ma proprio i segnali emessi hanno indotto a studiarlo e l’ultima campagna iniziata in febbraio con la nave oceanografica Urania, del Cnr, ha fatto aumentare la preoccupazione. Le frane rilevate indicano una instabilità impossibile da ignorare. «Il cedimento delle pareti — nota Boschi — muoverebbe milioni di metri cubi di materiale, che sarebbe capace di generare un’onda di grande potenza. Gli indizi raccolti ora sono precisi ma non si possono fare previsioni. Il rischio è reale e di difficile valutazione ». La ragione sta nella situazione in cui si trova il vulcano. L’Etna in questi anni è stato tappezzato di strumenti in grado di avvisare se un’eruzione è imminente, almeno con un certo margine di preavviso. Il Marsili non solo è sommerso ma è privo di queste sonde pronte ad ascoltare le sue eventuali cattive intenzioni. Bisognerebbe installare una rete di sismometri attorno all’edificio vulcanico collegati a terra ad un centro di sorveglianza. Ma tutto ciò è al di fuori di ogni bilancio di spesa. Con le risorse a disposizione si collocherà qualche nuovo strumento ma non certo la ragnatela necessaria. «Quello che serve — conclude Boschi—è un sistema continuo di monitoraggio, per garantire attendibilità. Ma è costoso e complicato da realizzare. Di sicuro c’è che in qualunque momento potrebbe accadere l’irreparabile e noi non lo possiamo stabilire».
Giovanni Caprara tratto dal Corriere delle Scienze