venerdì 30 aprile 2010

NIGERIA: ESEMPIO DEL CRIMINALE SACCHEGGIO DELL'AFRICA PER MANO DEL CAPITALISMO


Dalla scoperta delle riserve petrolifere, le grandi multinazionali del petrolio si sono impegnate nell’estrazione degli idrocarburi e a creare migliaia di km di oleodotti.
Come è possibile che un paese, con l’ottava maggiore riserva di petrolio del mondo, la settima in gas naturale ed enormi giacimenti di carbone, ferro ed uranio, possa avere la maggior parte della sua popolazione che vive in una situazione di povertà permanente e in molte occasioni estrema? Ancor di più se si tiene conto del fatto che il 91% del suo terreno è considerato produttivo ed uno dei più fertili della terra.
La Nigeria è situata nel golfo di Guinea, e costituisce lo stato più popolato di tutta l’Africa, con più di 140 milioni di abitanti.
Per secoli ha sofferto il colonialismo da parte delle nazioni europee, specialmente da parte della Gran Bretagna, che si sono dedicate non solo a sfruttare impunemente le loro abbondanti ricchezze naturali, ma anche gli esseri umani che lì vivevano, inviandoli come mano d’opera schiava al continente americano.

Nel 1960, la Nigeria ha raggiunto la sua indipendenza, un' indipendenza puramente formale, dato che da allora fino ad oggi, è stata governata da diverse giunte militari e governi dittatoriali, al servizio dell' occidente. La causa non è altro che il controllo delle grandi riserve di idrocarburi esistenti.
Nel 1958 e ancora sotto il protettorato britannico si è scoperto quello che oggi costituisce l’ottava riserva di petrolio più grande al mondo, oltre ad una delle maggiori fonti di gas naturale. Questo ha fatto si che, da allora, nonostante la dichiarazione d’indipendenza, le multinazionali petrolifere, principalmente anglo-europee stiano sottomettendo il paese africano ad una forma di colonialismo ancora più selvaggio del precedente, proteggendosi con le ingiuste leggi del libero mercato, e finanziando governi dittatoriali, con i quali (attraverso una sinistra alleanza) si dividono le enormi ricchezze del paese, mentre fanno affondare la maggior parte della popolazione, nella più assoluta miseria.

Bisogna tener conto che il 57% dei nigeriani vive al di sotto della soglia di povertà. Dal 1960 a malapena ci sono state elezioni rappresentative, e le poche che ci sono state sono state messe in dubbio da diversi organismi internazionali. La repressione politica ed il terrorismo di stato, sono state la costante che ha castigato questo paese, per frenare le ansie di giustizia sociale che bollono nei cuori del popolo nigeriano.
Dalla scoperta delle riserve petrolifere, fino alla data, le più grandi multinazionali del petrolio, si sono dedicate all’estrazione degli idrocarburi e a creare migliaia di km di oleodotti per il suo trasporto, senza alcun tipo di preoccupazione per il benessere del popolo nigeriano o per la salute dell' ambiente, provocando una devastazione umana e ambientale senza precedenti, derivata dalla combustione del gas, dai riversamenti di petrolio e dalle rotture degli oleodotti. Questi versamenti sono più di 1,5 milioni di tonnellate di petrolio, equivalenti ad un disastro del petrolifero Exxon-Valdez all' anno per 50 anni.

Questo ha avuto drammatiche conseguenze: Fiumi inquinati e senza pesci; piogge acide che danneggiano i raccolti, distruggono la flora e la fauna e avvelenano la popolazione, così come distruggeranno completamente i mezzi di sostentamento; un ambiente tossico che provoca il cancro, difetti congeniti, le malattie respiratorie. Conseguenze che si sono estese per più di 50 anni. Nel corso della storia, prima e dopo la dichiarazione d’indipendenza, il popolo nigeriano ha portato avanti diverse espressioni di lotta per la libertà e la vera indipendenza, lotte soffocate nel sangue e nel fuoco dai diversi governi dittatoriali, conil prezioso sostegno militare ed economico delle multinazionali e dei governi anglo-europei. Un esempio di questo è il colonnello Pablo Okuntimo, capo delle Forze Congiunte Militari e di Polizia negli anni 90, noto per la sua corruzione e il suo abissale registro di violazioni in materia dei diritti umani, pagato e guidato dalla Shell come ha dichiarato.
Nnimmo Bassey, direttore esecutivo di Environmental Rights Action, è stato citato come attore l’anno scorso per testimoniare di fronte ad un sub-comitato degli USA sui diritti umani e leggi. “Chevron regolarmente ospita e alimenta le forze di sicurezza, incluso l’esercito, la marina e la polizia, e paga loro stipendi migliori che quelli del Governo”, ha affermato. Il personale di Chevron ha provveduto al trasporto dei militari e dei poliziotti, “con barche e elicotteri affittati dalla compagnia”.
La repressione si è portata via centinaia di migliaia di vite, ha provocato lo spostamento forzato e la migrazione di milioni di persone e ha instaurato un autentico Stato del terrore, tutto questo perché il petrolio continui ad ingrassare la macchina capitalista, in modo che gli usi consumistici dei paesi industrializzati non si fermino, ed una manciata di psicopatici possano continuare a riempirsi le tasche a costo del dolore e della sofferenza dei popoli come quello nigeriano.
A questo sanguinante saccheggio bisognerebbe sommare l’impagabile debito estero, un’altra forma di furto, dato che dopo aver estratto fino all’ultima goccia delle loro ricchezze, i governi occidentali, con un cinismo che sfiora l’oscenità, offrono loro prestiti ad alti interessi, che anno dopo anno aumentano, in modo da poter arrivare a un paradosso, come in molti dei paesi oggetto di debito estero, che, avendo già pagato l'importo iniziale di 2 o 3 volte, devono continuare a pagare per anni a causa dell' impennata di interessi che produce debito.
Tutto questo costituisce una drammatica realtà che, in modo vile, è stata nascosta e taciuta dai grandi mass media occidentali, che sono stati sempre più attenti a criticare governi come quello della Bolivia o del Venezuela, per la nazionalizzazione degli idrocarburi. Una misura che se fosse stata messa in atto in Nigeria, ed in altri posti del continente africano, sarebbe servita affinchè le loro ricchezze avessero anche per loro un profitto, invece di essere rubate dalle multinazionali petrolifere come stanno facendo in Iraq ed in Afghanistan, con la guerra, il passo successivo usato da questi mafiosi, quando la corruzione o il colpo di Stato falliscono.

CARTA STRACCIA IN CAMBIO DI ORO FALSO

Alcuni dati per capire meglio l’oro: TUTTO il metallo prezioso estratto dagli albori della civiltà fino ad oggi può essere contenuto in un cubo di 19m di lato che cresce di soli 12cm l’anno (2%). Da sempre l’oro è considerato bene di rifugio: quando manca la fiducia negli altri investimenti, investire in oro è (ERA!) sempre una sicurezza. Con il dollaro in caduta libera anche le banche centrali diventano grandi divoratrici di oro. La Cina ha incrementato la riserva aurea, l’India ha acquistato 200 tonnellate di oro e la Russia ha pianificato di portare le proprie riserve auree dal 2% al 10%. Nel mercato privato la Cina sta superando l’India. Le autorità di Pechino consigliano i cittadini di investire in oro. Forse è per questo che puntualmente quando sono aperte le borse orientali l’oro aumenta per calare quando quelle borse chiudono. Questo significa che l’oro se ne sta andando in Asia.

Londra ha da sempre rappresentato una piazza privilegiata di contrattazione del metallo giallo. Peccato che da qualche mese a questa parte ci siano sempre maggiori richieste di movimentazione dei lingotti in custodia. Nell’ottobre 2009 successe un fatto spiacevole: J.P. Morgan e Deutsche Bank (strettamente sorvegliati dalla Bank of England) che avevano precedentemente venduto Gold Futures (lingotti virtuali) al prezzo di circa 1000$/oncia chiesero ai legittimi proprietari se quell’oro poteva essere da loro ricomprato a 1250$/oncia per evitare di dovere consegnare quei lingotti. Lingotti che evidentemente non possedevano. Quello che sta accadendo è che per ogni lingotto conforme alla London Good Delivery (società che certifica la qualità dei lingotti usati nelle transazioni del mercato londinese) ci sono diverse richieste di proprietà. Basta che un numero sufficiente di investitori perda la fiducia nei depositi e si rechi a ritirare i lingotti di loro proprietà per far crollare il mercato dell’oro. Ed il mercato in toto.[1] Insomma c’è una richiesta esagerata di oro. Lo vogliono tutti: investitori, banche e privati. Come fare a soddisfare tale richiesta? Si va a lezione dagli antichi alchimisti, e si trasforma un metallo meno nobile in oro.

La storia inizia circa 15 anni or sono. All’epoca della presidenza Clinton (coadiuvato da Robert Rubin, Alan Greenspan e Lawrence Summers) circa 1,5 milioni di lingotti di tungsteno da 400 once furono sfornati da una sofisticata industria metallurgica americana. Successivamente 640.000 lingotti furono dorati e spediti a Fort Knox dove tuttora sono. Esistono copie dei documenti di spedizione che attestano date, quantità e peso dei lingotti consegnati a Fort Knox. [2] Perché tungsteno? Perché ha peso specifico molto simile all’oro ma costa relativamente poco (circa 20$ al chilo). Dal rapporto peso/volume un lingotto di tungsteno non si distingue da un lingotto d’oro. Il resto dei 1,5 milioni di lingotti di tungsteno furono comunque dorati e immessi nel mercato. Quindi il mercato non è stato solo avvelenato dalla recente bolla dei mutui subprime (in realtà dai Collateralized Debt Obligation-CDO, titoli garantiti dagli Asset Backed Security-ABS che sono le cartolarizzazioni dei subprime…è una storia di finanza così complicata che per brevità i CDO sono stati chiamati “titoli-salsiccia”), ma presenta seri sintomi di avvelenamento da oro falso. Recentemente sono stati rinvenuti lingotti di oro riempito di tungsteno nelle banche di Hong Kong.[3] Provenivano tutti dagli Stati Uniti. L’ipotesi che si affaccia è che siano il frutto delle richieste di pagamento dei Buoni del Tesoro USA da parte della Cina che teme sempre più di avere carta straccia nei suoi depositi valutari. Oro falso al posto di carta straccia: una fine operazione di alta finanza. Pianificata addirittura 15 anni fa, quando si accusava la Cina di falsificare tutto.

Se per caso avete la passione per il falso oro (no, non è l’oro del Giappone che da noi si chiama ottone…) rivolgetevi con fiducia alla Chinatungsten. [4] La ditta cinese vi spiegherà che il tungsteno è environmental-friendly, e che mentre la lega oro-tungsteno non funziona per svariati motivi, una moneta con l’anima di tungsteno e la copertura di oro non potrà mai essere identificata come contraffazione da misure di densità. Chinatungsten spiega molto bene come funziona: “in dettaglio il tungsteno puro sotto forma di dischi, piatti, fogli, anelli etc.. se rivestito con uno strato di oro acquisterà la sua tipica brillantezza e potrà così rimpiazzarlo”. Troneggia nel sito un’allettante fotografia di lingotti d’oro marcati. Beh, oro…… Ed un’avvertenza: per cortesia non usate i nostri prodotti di tungsteno placcato oro per scopi illegali.

Potenza del dualismo Yin e Yang o del pragmatismo confuciano?

La questione svela un fenomeno a dir poco preoccupante: l’iperrealtà ha preso il sopravvento sulla realtà. Ci ritroviamo a rincorrere valori non tanto determinati dalla rarità dell’oggetto (l’oro), ma dal culto che questo suscita. Ed i culti come i miti, sebbene abbiano un punto di partenza fisico seguono linee evolutive molto diverse, arrancando ben presto negli alti pascoli della metafisica (o della fisica da contrabbando). È la vecchia questione della domanda-offerta, vincolo mitico imposto dal dio Mercato e scritto nel decalogo del capitalismo. Il falso, checché ne dicano i legislatori bigotti, è un elemento trainante dell’economia perché legalizza e giustifica un altro falso: credere che in democrazia vi sia un paritario diritto all’accesso. A ben vedere la democrazia, figlia degli interessi della classe borghese, si fonda sul falso. Una falsa offerta di informazioni, una falsa offerta di libertà, una falsa offerta di partecipazione e così via. Chi è quindi più titolato dei cinesi (falsi comunisti) ad offrire falsi che promettano di mettere il falso capitale al sicuro?

[1]http://www.marketskeptics.com/2009/10/gold-market-reaching-breaking-point.html

[2]http://www.marketoracle.co.uk/Article14996.html

[3]http://www.financialsense.com/fsu/editorials/willie/2009/1118.html

[4]http://www.tungsten-alloy.com/en/alloy11.htm

Fonte: http://www.ecplanet.com/node/1112

giovedì 29 aprile 2010

Le Carte degli Illuminati

Si parla spesso in rete di un particolare gioco di carte, chiamato “Illuminati Card Game”, che appartiene ad una vasta serie di giochi basati sulle diverse teorie che riguardano gli Illuminati, i poteri occulti e il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale. (*)

Ciò che rende questo gioco interessante è la presenza di molte carte che descrivono con anticipo (“Illuminati Card Game” è del 1994) eventi di portata mondiale che sono poi realmente accaduti.

Fra questi spiccano soprattutto la distruzione del Pentagono e delle Torri Gemelle, la cui rappresentazione grafica sembra addirittura ricalcata da una fotografia del fatto reale, avvenuto nel 2001.

Altre sorprendenti “coincidenze“ sono, ad esempio, la pandemia con tanto di “quarantena", la “manipolazione dei mercati finanziari”, oppure “l’esplosione del vulcano”, che ci ricordano da vicino eventi accaduti di recente.

Ci sono poi immagini più generiche, come la “riduzione della popolazione“, …

… o la “riscrittura della storia“, che corrispondono sicuramente ai sogni più o meno nascosti degli Illuminati del “Nuovo Ordine Mondiale”.
Il fatto che questo set di carte sia stato effettivamente pubblicato nel ’94 sembra fuori discussione, in quanto il gioco è talmente diffuso che se certe carte non comparissero nel mazzo originale, ma fossero state aggiunte dopo, qualcuno lo avrebbe sicuramente denunciato.

Siamo quindi di fronte ad un curioso minestrone di progetti attribuiti al “Nuovo Ordine Mondiale” - alcuni specifici, altri generici, alcuni realizzati e altri no - che di certo non può essere spiegato con una semplice serie di coincidenze.

Fra le varie possibilità, la spiegazione più probabile è che il creatore del gioco, Steve Jackson, abbia ricevuto informazioni riservate da qualcuno che era a conoscenza diretta dei progetti che circolavano nell’ambito del “Nuovo Ordine Mondiale”.

E’ possibile che Jackson sia stato usato come “altoparlante inconsapevole“, a cui vengono passate informazioni da diffondere, in modo apparentemente triviale, con l’intento di rafforzare la pubblica percezione del potere degli Illuminati. Oppure potrebbe appartenere lui stesso al NWO, oppure ancora può essere una persona che cerca solo di sfruttare commercialmente certe informazioni di cui in qualche modo è venuto in possesso. In fondo, la Steve Jackson Games
dichiara un reddito lordo annuo superiore ai 2 milioni e mezzo di dollari.

Il caso di Jackson ricorda da vicino quello di certi libri “fortunati”, come ad esempio “Il Candidato Manciuriano”, che hanno saputo descrivere in anticipo vicende che si sono poi realizzate nella realtà.

Vi sono anche autori dotati di intuito particolare, che percepiscono in anticipo certe onde di “sentire collettivo”, come ad esempio “Il Nome della Rosa”, oppure il “Codice da Vinci”, sfruttando al meglio il nascente interesse popolare per certi argomenti “occulti” - o comunque occultati. In certi casi diventa addirittura difficile capire quanta informazione originale esista fra le righe di un libro, e quanta invece sia il riflesso di quel sentire collettivo, introdotto - consciamente o inconsciamente – dallo stesso autore nelle sue pagine.

In realtà, a ben guardare, le carte degli Illuminati non rappresentano nulla di stupefacente, se non l’eventuale conferma che ciò che accade nel mondo sia spesso il risultato di una precisa volontà di un ristretto gruppo di persone. Il primo attentato al World Trade Center risale al 1993, indicando che un progetto di un attentato con esplosivi alle Torri Gemelle dovesse essere in circolazione almeno da quella data (che precede l’uscita del gioco di carte).

Vi è anche una possibilità più remota, più difficile però da sostentare in modo analitico: che l’autore non riceva affatto informazioni esterne, ma che sia dotato di particolari “poteri di preveggenza“, che gli permetterebbero di visualizzare in anticipo eventi che poi accadono nella realtà. A sua volta, si potrebbe teorizzare che questo tipo di preveggenza consista nella capacità di accedere ad un insieme di archetipi, che esisterebbero fuori della nostra dimensione spazio-temporale, i quali vengono ad assumere le forme specifiche degli eventi che poi accadono nel nostro tempo. In questa ottica si può anche spiegare un fenomeno come quello di Nostradamus, le cui quartine, più che anticipare eventi specifici, sembrano rappresentare archetipi universali, sufficientemente dettagliati però da poterli applicare in seguito a certi fatti realmente avvenuti.

Qui però dobbiamo fermarci, perchè stiamo entrando in un territorio assolutamente ipotetico, che non ci permette di utilizzare il metodo analitico, e ci offre risposte che possono avere al massimo un valore individuale.

Di certo possiamo affermare una cosa: man mano che procede il cammino dell’umanità, scopriamo che è sempre più grande il numero di cose che non conosciamo rispetto a quelle che conosciamo. E questo è già un notevole passo in avanti, volendo, che ci possa almeno liberare da quell’ignoranza, travestita da falso sapere, che ci offusca costantemente la vista.

Massimo Mazzucco

* Uso il termine “cosiddetto”, per il Nuovo Ordine Mondiale, perchè personalmente ritengo che non esista un solo gruppo di potere, sic et simpliciter, ma che la questione sia molto più complessa ed intricata.
-Tratto dal blog di Luogocomune.net

mercoledì 28 aprile 2010

La storia dei numeri

I NUMERI “COSIDETTI” ARABI, furono introdotti, piú o meno consapevolmente , fin dalla antichitá al fine di poter operare su quantitá di elementi costituenti insiemi o su quantitá esprimenti misure di entitá materiali. La prima numerazione scritta risale al 3500 a.C. (piú di 5500 anni fá) in Mesopotamia. La numerazione attualmente da noi usata, con nove cifre piú lo zero, è stata elaborata in india intorno al V secolo d.C., ma da come vediamo in tabella, il decimale non era sconosciuto giá agli Egiziani,ai babilonesi, ai Cinesi e persino a i Maya.

I numeri presso i Greci ,come giá presso i Fenici, venivano espressi con le lettere attribuendo loro il valore corrispondente al posto occupato nell’ordine alfabetico ( alfa=1, beta =2,gamma=3, ecc.). Le lettere usate come numeri erano fatte seguire da una specie di apostrofo. Solo i Romani usarono per la numerazione segni speciali diversi dalle lettere dell’alfabeto; ma la fortuna di questi caratteri venne meno nel Medio Evo quando i primi Europei, traducendo le opere matematiche orientali, adottarono anche il modo di rappresentare i numeri, che presero perció il di cifre Arabiche.

La prima esposizione è del matematico indiano Brahmagupta nel VII secolo d.C. Furono poi gli Arabi, con il matematico M. ibn Al-Khawarizimi (780-850) durante la loro dominazione a utilizzarli e a importare le cifre ed i procedimenti di calcoli dall’India, dove il sistema decimale era applicado fin dal 500d.C. , mentre i segni numerati da 1 a 9 erano giá noti nel III secolo a.C.

I numeri arabi occidentali, detti “ghubar” vennero poi introdotti con la dominazione Mussulmana in Spagna e da quí verso l’anno Mille si diffusero negli altri paesi dell’Europa . In Italia e nell’Europa Medievale furono diffusi da Leonardo Fibonacci (1170-1230) con il suo trattato”Liber Abaci” pubblicato nel 1202.Essendo notoriamente usati dagli arabi, impropriamente si chiamano ancora oggi “ numeri Arabi”, invece la scrittura vera e propria è quella Indiana. Da notare che i Maya utilizzavano giá la numerazione decimale , con una singolaritá: sono espressi in due modi, come i Cinesi, perfino piú elegantemente: in punti e linee .

L’arabo Muhammad Al-Khwarizimi giá intorno all’anno 810 utilizzando i numeri indiani, “divenuti arabi” aveva giá scritto un libro di matematica coniando un termine che in Italiano divenne “algebra” .

martedì 27 aprile 2010

Il Fantasma di Eyjafjallajökull Che fine ha fatto la nube vulcanica?


Tratto da www.disinformazione.it

Il vulcano EyjafjallajokullDa qualche settimana assistiamo in TV alle spettacolari ed inquietanti immagini del vulcano islandese, che erutta ancor oggi liberando fin oltre la tropopausa (1) una grossa e minacciosa nube.
Minacciosa, certo. Per la salute degli islandesi e per i motori degli aerei di linea.
Così, pochi giorni dopo l'inizio dell'esplosione,
la Gran Bretagna pensava bene di chiudere il suo spazio aereo inficiato dall'oscura nube.

Eurocontrol, l'ente europeo responsabile del flusso di traffico aereo, emetteva un'informativa SIGMET con tanto di cartografia ove specificava le tre categorie di zone a rischio: no fly (voli proibiti), conditional (voli ammessi a discrezione del comandante), no restriction (voli permessi).
E allora uno dopo l'altro ogni paese europeo, Italia inclusa, chiudeva il suo spazio aereo a garanzia della sicurezza.

E allora? Tutto corretto, no?
Andando un pò, soltanto un pò a fondo nella questione ci si accorge che qualcosa, come sempre, non torna.
La polvere vulcanica fonde intorno alle temperature di
1100 gradi centigradi e si attacca alle pareti interne della camera di combustione e sul cono di espulsione dei motori, incrementandone oltre i limiti le temperature.
Inoltre corrode e danneggia le pale di compressori e turbine, provocando finanche lo stallo del motore, ma anche le superfici di ali e coda, riducendo la quantità di portanza sviluppata. I finestrini poi si opacizzano, impedendo la visione all'atterraggio, ed i freni diventano meno efficienti.
Drammatico direi!

Ma ci riferiamo ad una nube che, appena fuoriuscita dall'esplosione, contiene particelle nell'ordine di millimetri cubici, cioè di entità tale da provocare quanto sopra. Queste particelle poi, nella misura in cui le correnti ascensionali non sono più sufficienti a mantenerle in sospensione, ricadono al suolo. Le altre, via via più piccole fin sotto il micron, restano sospese e potrebbero essere trasportate dalle correnti a getto (venti d'alta quota) anche per centinaia di chilometri.

Bene: secondo le carte pubblicate da Eurocontrol, le zone a rischio si estenderebbero dall'Islanda fino alla Russia ma anche dall'Islanda fino all'America Centrale!
Capito bene?
In altre parole, le correnti a getto, correnti che spirano da Ovest, avrebbero trasportato le nanoparticelle implicate verso Est fino a svariate migliaia di chilometri MA in qualche modo le stesse sarebbero anche state sospinte controcorrente fino al Portorico!
Questa "curiosa" teoria non è mai stata verificata né avallata da analisi scientifiche dell'aria, effettuate da alcuno degli stati che avevano chiuso il proprio spazio aereo, e neppure da alcun avvistamento da parte di piloti. Puramente una teoria che, per qualche ragione, è apparsa a tutti ragionevole.

Ma perché soltanto oggi appare tale?
Perché per decine d'anni si è volato sull'aeroporto di Catania, con l'Etna attivo e la quotidiana nube traversale alle rotte di volo, soltanto evitandola "a vista" e soltanto di qualche decina di chilometri? Il pilota sa bene che già a tale distanza, ove non è più visibile, la nube si è talmente rarefatta da non rappresentare più un pericolo "tecnico" per l'aeromobile.
Semmai le nanoparticelle invisibili potrebbero porre un problema "medico", per la salute di chi all'interno dell'aereo le respira, essendo queste in grado di permeare la membrana cellulare e addirittura interferire col DNA: proprio come quelle emesse dai NON pericolosi inceneritori, no scusate, termovalorizzatori.

Ma questo vale anche e soprattutto di chi, nei pressi del vulcano, ci trascorre l'intera sua vita.
Ed ecco che, qualche giorno fa,
la BBC intervista un responsabile di Eurocontrol, il quale con assoluta serenità afferma che effettivamente "il computer" avrebbe fornito dei dati errati, delle proiezioni eccessive sulle aree a rischio.
E così oggi la nube è divenuta un fantasma. Prima c'era, ora non c'è più, domani magari ci sarà ancora.
Nessun media più se ne interessa.

E come la SARS , l'aviaria, la suina, l'antrace, le armi di distruzione di massa irachene, l'incrociatore americano mai affondato dai vietcong, il Lusitania attaccato dai tedeschi, Pearl Harbor dai Giapponesi, le Torri Gemelle da chissà chi e via dicendo, anche la nube fantasma passerà in cavalleria, in attesa di essere riesumata e scenograficamente rivestita per la sua prossima missione: la creazione di un problema per la cui reazione popolare indotta già qualcuno avrà sùbito in mano la perfetta soluzione.

Ma cosa è avvenuto nel frattempo?
In una settimana di cancellazioni a tappeto e MILIONI di passeggeri e merci a terra, il mercato globale si è arrestato ed è già a rischio di tracollo: per i pezzi di ricambio non consegnati, l'industria automobilistica BMW è a rischio fallimento, così come lo sono migliaia di altre industrie, oltreché compagnie aeree, Alitalia-CAE in primis.

Cui prodest: a chi giova tutto ciò? Ci sono ancora dubbi?
Ai soliti noti, le eminenze grigie che controllano stati come
la Gran Bretagna e quindi il mondo intero, attraverso le loro reti finanziario-politico-militar-sanitario-universitario-massoniche, che avranno a disposizione nuove migliaia di imprese insolventi da acquisire per una pipa di tabacco, nonché milioni di nuovi poveri da inserire nel novero dei loro schiavi, distratti dai propri problemi quotidiani di sopravvivenza.

Che sia stata un'operazione finanziaria, un'esercitazione militare di portata sovranazionale o una manovra occulta d'altro tipo, è di certo qualcosa che comunque noi popolo non avevamo chiesto, votato o approvato, e di cui senza dubbio abbiamo assistito inermi all'ennesima manipolazione mediatica, nonostante ci sforziamo di sedare l'intima voce dell'intuizione in noi che ci pungola alla diffidenza.
Chi può, comprenda. Chi ancora riesce ad avere il tempo e la salute per farlo, discerna ciò che gli viene offerto in pasto dall'establishment mediatico e politico.
Se si vuol essere pecore, disinteressandosene, oppure struzzi, tenendo la testa sotto la sabbia e le chiappe esposte perché si è compreso ma non si ha il coraggio di alzare la testa, si prenda coscienza che presto la testa non la si potrà più alzare, poiché se si accetteranno determinate restrizioni prossime venture non si avrà più la possibilità di replica, di dissenso come ancora esiste oggi.

Quel giorno, a causa di tutte le nostre paure avremo ceduto la nostra autonomia, di azione ma anche di pensiero e sentimento: libertà sarà per noi essere finalmente controllati, perciò al sicuro!
E senza neppure rendersene conto si avrà già il collare addosso, un chip a radiofrequenze sotto pelle come già oggi hanno cani e qualche star hollywoodiana, collegato al Golem, il messia elettronico, senza il cui marchio "non si potrà nè vendere nè comprare" (l'Apocalisse).

Ed il bello è che saremo stati noi, proprio noi, spaventati, lobotomizzati e malati, ad averlo chiesto!

(1) Tropopausa: è lo strato di atmosfera che separa la troposfera dalla stratosfera, in cui avvengono i fenomeni meteorologici. Si trova ad una quota media di circa 12 km e il suo spessore è variabile.

lunedì 26 aprile 2010

LETTERA APERTA A MILENA GABANELLI

di Tom Bosco
20/04/2010

Cara Milena, ero già rimasto assai perplesso dal vostro servizio sul CICAP andato in onda il 14/03/2010, nel quale un argomento assai importante e controverso come il fenomeno delle “scie chimiche” veniva, com’era peraltro prevedibile, tratteggiato alla stregua di una leggenda metropolitana istigatrice di una sorta di ingiustificata isteria collettiva veicolata tramite Internet, e accomunato ad altri fenomeni da baraccone peraltro “sbufalati”, come amano esprimersi gli adepti di questo “comitato”, grazie alla razionalità e al rigore dell’analisi scientifica della quale si dichiarano portatori.

La replica del 18 aprile mi è apparsa ancor più strumentale, dando a intendere che la lettera sdegnata e inutilmente scurrile e offensiva che hai letto in televisione rappresentasse il pensiero, ma soprattutto la tipologia e la moralità, di coloro che hanno avanzato pesanti critiche nei confronti del tuo operato. Critiche peraltro del tutto giustificate, considerando che da molti anni ricevi numerosissime segnalazioni e richieste affinché la redazione di Report si occupi in prima persona del fenomeno, indagandolo con la professionalità dimostrata in innumerevoli, coraggiosi e documentati servizi giornalistici che vi fanno davvero onore.

I mezzi a disposizione di una prestigiosa testata come la vostra sono di gran lunga maggiori di quelli di numerosi attivisti e ricercatori indipendenti, che cercano di arrangiarsi come possono per venire a capo di un enigma che ha sollecitato ben nove interrogazioni parlamentari (nazionali e regionali) nel nostro paese. Stiamo parlando di un fenomeno che in Italia (e più in generale in Europa) ha cominciato ad essere segnalato sin dal 1999: sono passati ormai 11 anni.

Non voglio in alcun modo sminuire l’importanza e l’attualità delle tematiche di cui vi siete occupati in questo lasso di tempo, ma mi riesce assai difficile comprendere come un argomento così dibattuto in rete e oggetto di interrogazioni, incontri pubblici, documentari, articoli e conferenze non abbia mai potuto trovare spazio o meritare la vostra attenzione.

Intorno a questo fenomeno esiste senz’altro una gran quantità di speculazioni, fraintendimenti e disinformazione: proprio per questo eravate stati a gran voce sollecitati ad occuparvene in prima persona, affinché tramite la vostra specchiata professionalità, perspicacia e presunta onestà intellettuale poteste contribuire a chiarire una volta per tutte la natura e gli eventuali scopi di questa allarmante attività nei nostri cieli. Non solo avete clamorosamente mancato a questo compito, ma lo avete “sdoganato” tramite un servizio sul CICAP futile e per certi versi incomprensibile, considerando il genere di giornalismo che solitamente vi caratterizza.

Spero sinceramente che voi decidiate finalmente di indagare esaustivamente il fenomeno delle scie chimiche, e sarò lieto, se lo vorrai, di fornirti suggerimenti e contatti utili alla tua indagine. Sono certo che non avresti grosse difficoltà, per esempio, ad organizzare un campionamento dell’atmosfera in quota, un elemento di prova che chiarirebbe una volta per tutte l’eventuale presenza di sali di bario e/o solfato di alluminio (nonché la presenza di eventuali altre sostanze). Naturalmente una tua eventuale risposta è più che gradita, e verrà pubblicata immediatamente.

Con immutata stima

Tom Bosco

Direttore, NEXUS New Times, Edizione italiana

Eh gia!.... daltronde cosa altro ci si poteva aspettare?......é ormai scontato che qualunque fonte sia veramente dissidente, non potrá certo mai trovare spazio su mezzi di comunicazione comunque legati al “sistema” . Certi media o testate che si propongono come di informazione dissidente dallo stesso e che vanno in rete su canali tradizionalmente e innegabilmente legati al sistema, specialmente se in “prima o pur seconda serata” , hanno come obbiettivo di rassicurare quella fascia di pubblico un pó piú attenta agli avvenimenti, che non si sofferma esclusivamente a quanto plasmato sui vari Telegiornali di qualsivoglia rete, Corriere, Repubblica, Unitá, Libero, Giornale, ecc. ecc....dandogli cosí l’impressione di vivere in un contesto comunque democratico, dove ci sia ancora spazio per analisi obbiettive sui probblemi vessatori che la nostra societá ci impone e dissimula. Codeste testate che pur propongono alcune serie analisi, peró solo su temi “secondari” ( qualche cosa bisogna pur sacrificare per dare un minimo di credibilitá!) , costoro spesso si avvalgono di persone note o enti appositamente creati e messi in “lista paga” per dare una sensazione di “ufficialitá” detti elementi “ufficiali” , si possono ben identificare con la descrizione di “Debunker”

Il vero ruolo del debunker non è quello di smontare le accuse complottistiche, questo è solo ciò che appare sulla facciata. Il suo vero ruolo è quello di rassicurare le persone che non se la sentono di affrontare verità che sicuramente non sono leggere per nessuno. E' per questo che la presenza di un sito di debunking di una certa rinomanza è indispensabiile per un corretto equilibrio dell'ecosistema “informazione”. Con il dilagare della libera informazione, che continua a sollevare tappeti sempre più polverosi e ingombranti, bisogna poter fornire a chi ne ha bisogno un'ancora di salvezza, un salvagente a cui aggrapparsi per non cadere di colpo nel baratro più buio…………sempre vs. Lpg

sabato 24 aprile 2010

.....vanno, vengono....e, a volte ritornano......(F.d.A)

 La lieta novella è arrivata, giusto ieri, a reti e pagine dei giornali unificate. L’ex governatore del Lazio - ed ex conduttore tivù; ed ex frequentatore di festini a luci rosse; ed anche ex ospite di luoghi eremitaggio vari -, insomma: l’ex tante cose, Piero Marrazzo dovrebbe rientrare in Rai entro fine mese. Cioè tra una manciata di giorni.

In effetti i magistrati - dopo lo scandalo che aveva portato alle sue dimissioni - l’hanno, per certi versi, scagionato. Secondo i giudici della quarta sezione della Cassazione, infatti, Marrazzo è stato “vittima di un’imboscata”; la droga, anche se era sua, era “irrilevante”, perché tanto era per uso personale; e pure “irrilevante” era il fatto che sia andato a prostitute con l’auto blu della Regione e pagata con le tasse dei contribuenti, perché da governatore del Lazio era “autorizzato a servirsi” della macchina di rappresentanza. Evidentemente anche per andare a mignotte. Del resto si sa: noblesse oblige.

In realtà... la quarta sezione della Corte di Cassazione non si è espressa proprio proprio sul caso Marrazzo. Per quello - visti i tempi lumaca della giustizia italiana - bisognerà ancora aspettare. No, la Cassazione doveva - e lo ha appunto fatto - dire la sua sulla scarcerazione di uno dei carabinieri che - con la famosa imboscata - avrebbe pescato l’allora governatore a braghe calate. Le considerazioni sulla posizione di Marrazzo sono state fatte, quindi, un po’ en passant. Altri magistrati dovranno dire la loro. E molti dubbi debbono ancora essere completamente fugati, a partire da quello su dove Marrazzo trovasse i soldi per droga e transessuali, che - a quanto pare - pagava a peso d’oro. Ma l’ex governatore ha preso questo primo pronunciamento come un’ottima notizia (“La suprema corte ha cristallizzato la verità”, l’ex governatore del Lazio dixit). E ieri - con una raffica di interviste - ha annunciato la sua rentrée nella televisione pubblica. Quella pagata - come la Regione Lazio - da tutti gli italiani.

Per fare cosa? “Sono a disposizione dell’azienda. Farò quello che loro riterranno”, ha risposto diplomaticamente Marrazzo al quotidiano torinese “La Stampa”. Difficile dire se tornerà a recitare il ruolo di difensore dei deboli e sdegnato fustigatore dei potenti come ai tempi belli, quando conduceva “Mi manda RaiTre”. Per certo dovrebbe tornare a incassare il suo stipendio sempre pagato dai contribuenti. Che è già qualcosa.

Del resto: si può davvero biasimare questo desiderio di ricominciare, di tornare in qualche modo in scena, e rimettere le mani su quel che, a parer suo, gli spetta?

Ecco, in teoria, forse sì.

Per dire. Quando si era candidato, a guidare il Lazio - nel non lontano 2005-, Marrazzo dipingeva Marrazzo così: “Mi chiamo Piero Marrazzo e vorrei raccontarvi due o tre cose che so di me. Ho 46 anni e sono nato a Roma, all’Aventino il 29 luglio 1958. La famiglia è la mia vera grande passione. Ho tre figlie: (…). Con loro e con Roberta, la donna della mia vita, passo tutto il mio tempo libero. Sono cattolico, cresciuto, come molti ragazzi della mia generazione, frequentando l’oratorio e la parrocchia di Santa Chiara“. Si candidava nella regione del Vaticano. Si dipingeva come cattolico. Chiedeva il voto dei cattolici. Ma oggi - probabilmente - anche tanti suoi ex elettori cattolici vorrebbero dirgli due o tre cosette che nel frattempo hanno scoperto su di lui.

C’è, insomma, la questioncella della fiducia tradita e il fatto che ha mentito ai suoi elettori. Così come ha mentito ai suoi ex colleghi giornalisti, negando - all’inzio dello scandalo - l’esistenza del video e bollando tutta la storia come una bufala. E poi - ultimo ma non meno importante - ci sono gli strascichi di una vicenda giudiziaria che ancora è lungi dall’essersi conclusa. Quale credibilità potrebbe avere, quindi, se dovesse tornare a fare il giornalista in Rai?

Ma tant’è. Si potrebbe, si diceva, criticarlo. Ma solo in teoria. Perché la prassi - alla faccia degli scandali e di una coerenza ritenuta evidentemente superflua - è un’altra.

Per rendersene conto basta ripassare - anche distrattamente - la cronaca delle ultime settimane. Per esempio:ultimamente è tornata anche Sandra Lonardo, in arte Lady Mastella. I giudici l’avevano confinata a Roma, lontana dagli affetti e dalla natìa Ceppaloni (fuor di metafora: i magistrati le avevano appioppato un divieto di dimora in Campania per una spinosa vicenda di appalti e nomine). Ebbene. Diecimila elettori - con le elezioni del fine marzo scorso - l’hanno prontamente “rispedita” a Napoli a fare il consigliere regionale. Un ritorno in politica in pompa magna che segue - a distanza di meno di un anno - quello del più celebre marito, Clemente Mastella. Pure lui finito varie volte nel mirino dei giudici. E pure lui rieletto - a furor di popolo, con 110mila preferenze - al Parlamento europeo.

Ed è tornata, senza dare troppo nell’occhio, anche l’ex leghista ed ex presidente della Camera - e regina del trasformismo - Irene Pivetti. Quando stava sulla poltrona più alta di Montecitorio si dipingeva come integralista cattolica. E infatti, gettata la carriera politica alle ortiche, si era giustamente riciclata come show girl, dedicandosi a programmi dal sapore trash, tipo il celebre “Bisturi” che conduceva assieme al travestito Platinette. Ecco. Ora - dopo averannunciato in diretta tivù il divorzio dal marito - sta rientrando a piccoli passi sulla scena istituzionale: una manciata di settimane fa, è stata meritatamente nominata presidente di Iptv, l’associazione costituita da Fastweb, Telecom e Wind per promuovere la televisione via internet (l’Iptv, appunto). Terrà i contatti con il mondo della politica. E chissà che non ci rientri definitivamente.

Del resto: mai dire mai. E lo sa bene Daniela Santanchè. Che alle ultime elezioni - quelle che hanno consacrato premier Berlusconi - aveva fatto proclami storici. Si era candidata premier per “La Destra”. Si era definita orgogliosamente “fascista”. E aveva definitivamente rotto con il Cavaliere a colpi di insulti. Lo aveva accusato di essere “parte del teatrino della politica”; un uomo che vede le donne “solo orizzontali”; un venditore di bufale con un programma di governo “inattuabile”. Trombata alle elezioni, non era manco stata eletta in Parlamento. Ma neanche due anni dopo, a inizio marzo di quest’anno, è diventata sottosegretario. E - neanche a farlo apposta - ha preso la delega all’Attuazione del programma. Chiaramente del governo Berlusconi.

Ma è tornato - per finire e scorsa settimana - perfino il senatore a vita e democristiano doc, Emilio Colombo. Nel 2003 - alla tenera età di 83 anni - il suo nome era finito in una incresciosa inchiesta su droga e prostituzione. Si scoprì che comprava cocaina, ma - come si affrettò a precisare lui - solo per “uso terapeutico”. Risultato: sette giorni fa, Colombo ha voluto festeggiare il suo novantesimo compleanno, intervenendo in Senato. Aveva un messaggio importante: voleva invitare i colleghi tutti a “credere nella democrazia senza imboccare scorciatoie, difendendola dalle tossine del populismo”. La senatrice ex Diccì ora Piddì, Maria Pia Garavaglia lo ha applaudito ed elogiato: una “lezione di invidiabile onestà intellettuale”. Parole da test antidoping.

Insomma. A volte ritornano. In Italia, sempre. E secondo un copione ben preciso: in caso di scandali, promesse da infrangere, amici da rinnegare o nemici da abbracciare - se è necessario - si esce di scena. Si aspetta un po’ sulla soglia; ci si pente; ci si duole. E poi si torna baldanzosi e speranzosi a suonare il campanello. Al limite, si passa dalla finestra. E quindi? E quindi non stupisce il desiderio di rientrare di Marrazzo, che se non dovesse farcela a questo giro, ce la farà quasi sicuramente al prossimo, quando le acque si saranno definitivamente quietate. Stupisce un’opinione pubblica smemorata, indifferente e portata sempre a farle passare tutte. Quando non a dare una mano. Perché tanto “il più pulito c’ha la rogna”. Perché “lui sì, e l’altro no?”. Perché qualcuno, i Mastella e non solo i Mastella, li avrà pure votati.

SCRITTO DA BAMBOCCIONI ALLA RISCOSSA e tratto dal blog di Pressante.com

venerdì 23 aprile 2010

Senti chi parla di banche care e di moralità…

L'inserto settimanale Plus 24 de "Il Sole 24 ore" del 17 aprile scorso si dedica ancora una volta ad attaccare il sistema finanziario elvetico che, evidentemente, innervosisce quello italiano, scassato, inefficiente e sbranato tra i partiti politici in nome della più becera lottizzazione.

Nel pezzo "Giù i ricavi per i gestori elvetici" si accusano le banche elvetiche di applicare ai dossier cifrati della clientela "condizioni capestro": fino al 2% per la negoziazione di azioni estere e fondi comuni, fino allo 0,8% per le compravendite dei titoli di Stato e fino allo 0,4% di commissione di custodia. È davvero risibile che a fare la morale siano le banche italiane, che notoriamente addebitano alla clientela spese elevatissime e alcune delle quali, per depositare un piccolo assegno di 100 euro, chiedono una commissione del 6,5%. Altro che Svizzera cara...

Sullo stesse pagine, un altro astioso articolo attacca i professionisti svizzeri, soffermandosi sul giro di capitali gestiti dalle fiduciarie. Secondo Gian Gaetano Bellavia, presidente della commissione antiriciclaggio dell'Ordine dei commercialisti di Milano, "il problema della Svizzera non sono tanto le banche, che sono sottoposte a una legislazione severa e a una disciplina interna altrettanto rigorosa. L'autentico punto critico sono i fiduciari" e in particolare attacca non tanto le fiduciarie di per se stesse, ma le persone fisiche legittimate ad operare sin dal 1984, tra cui anche agli avvocati ai quali non è richiesta l'iscrizione all'ordine dei fiduciari, ma sono tuttavia sottoposti, in determinati casi, all'iscrizione obbligatoria presso un OAD (Organismo di autodisciplina svizzero).

I fiduciari sarebbero troppi, dunque tanta offerta di mercato sarebbe giustificata da un'elevata domanda... i servizi maggiormente richiesti sarebbero, secondo Bellavia, la creazione di società in giurisdizioni che garantiscano l'anonimato e dove sarebbe possibile fatturare servizi inesistenti verso società italiane, favorendo in questo modo il riciclaggio. Non solo, i fiduciari sarebbero pronti ad accogliere i clienti con richieste "particolari" con un "catalogo di società già registrate o da registrare in pochi minuti". Anche questa è una banalità, da decenni esistono società pronte all'uso nei cassetti di professionisti e notai ed è un espediente lecito, che fa risparmiare tempo e denaro.

Ma dove Bellavia diventa insultante è quando insiste anche sul fatto che i nomi dei principali truffatori italiani s'incrocerebbero con quelli dei ‘riciclatori' fiduciari svizzeri. Peccato che chi scrive ignori che le leggi, la mentalità, le professionalità sono molto diverse tra Italia e Svizzera, e per fortuna. Ancora una volta i media italiani asserviti a certe procure continuano a tener mano all'equivoco sulle accuse di ‘riciclaggio', un termine che ormai si usa anche quando mancasse una mela, mentre non scrivono mai che la Svizzera dispone di un dispositivo efficace contro la criminalità finanziaria e della forse migliore legislazione antiriciclaggio del mondo. È davvero patetica l'affermazione che "scorrendo i nominativi dell'albo - delle fiduciarie svizzere - ci si può imbattere in personaggi che sono stati, sono e saranno al centro dell'attenzione della magistratura inquirente". Ma il quotidiano milanese, invece che dispensare giudizi moraleggianti a vanvera, farebbe bene a curarsi delle sue grane domestiche. Come è da tutti noto, la testata è di proprietà di Confindustria il cui comando è stato affidato nel 2008 all'imprenditrice Emma Marcegaglia, dei Marcegaglia dell'acciaio ancora sotto inchiesta per una questione di tangenti, i cui capitali tanto non hanno disprezzato le banche svizzere per stare al sicuro.

Come riportato da "Repubblica" l'11 novembre 2008, tra il 1994 e il 2004 il Gruppo Marcegaglia era riuscito a interporre negli acquisti di materie prime e di macchinari alcune società off-shore, in modo da creare fondi neri da depositare su conti esteri. Il meccanismo era semplice: l'azienda non comprava direttamente l'acciaio, ma lo rilevava da alcune società di trading incaricate di versare i margini di guadagno su conti cifrati. La londinese Steel Trading operava sul conto Q5812712 presso l'Ubs di Lugano, per prendere poi il largo verso le Bahamas. Stessa storia per altri due conti intestati a E
marcegaglia.jpgmma e a Steno, depositati sempre all'Ubs, sempre stando a "Repubblica".

Volendo, si può anche rendere omaggio a Cesare Geronzi, l'entrante presidente del colosso assicurativo italiano Generali che a Lugano controlla Bsi.

Geronzi, presidente del consiglio di sorveglianza di Mediobanca, risulta indagato per bancarotta fraudolenda nella vicenda relativa al crack Eurolat, mentre all'epoca era presidente della Banca di Roma. In quegli anni avrebbe esercitato pressioni su Calisto Tanzi, affinché acquistasse nel 1999 Eurolat a prezzo gonfiato, come citato da un articolo dello stesso "Sole 24 Ore" del 16 aprile, nel quale si dice che Geronzi sia stato sì prosciolto dal reato di estorsione, ma che tuttavia persista quello di bancarotta fraudolenta.

Tutti sanno ormai che, per demolire la piazza finanziaria, togliere clienti ai fiduciari ticinesi e devastare la prosperità elvetica, troppe procure e giornalisti hanno l'abitudine di accusare di ‘riciclaggio' tutti e tutto anche quando si trattasse di contrabbando o evasione dell'imposizione fiscale o, peggio, di vecchia ricettazione. Con l'ipotesi del riciclaggio che spesso si accompagna a teoremi fantapolitici che, come si vede ormai a ripetizione, vorrebbero favorire la carriera politica di qualche giudice pressappochista, gli inquirenti possono adire a strumenti d'indagine più forti. Ad esempio, le rogatorie internazionali e molto altro ancora, come arresti al confine, arresti domiciliari, commissariamenti che si traducono spesso in faide tra poteri dello stato, per voler e poter ficcare il naso nei caveau e nei computer e negli uffici svizzeri a caccia di nomi di politici da rovinare e di imprenditori da rapinare.

Tutto questo ha una chiara matrice politica di parte, è strumentale ed è ben lungi da quell'opera indispensabile e urgente di moralizzazione, etica e pulizia del mondo finanziario che deve operare un drastico cambiamento strutturale per rimediare alle devastanti catastrofi provocate da banchieri rapaci o finanche condannati, borsisti ladri e gestori inadeguati, di cui è zeppa la piazza finanziaria italiana.

Fonte > Ticinofinanza.ch e da EFFEDIEFFE

giovedì 22 aprile 2010

Torna a far paura il vulcano sommerso nel Tirreno

Rilievi sul Marsili, a 150 chilometri dalla Campania. Si è formata una nuova camera di magma

Il vulcano sottomarino Marsili
Il vulcano sottomarino Marsili
MILANO—
«Potrebbe succedere anche domani. Le ultime indagini compiute dicono che l’edificio del vulcano non è robusto e le sue pareti sono fragili. Inoltre abbiamo misurato la camera di magma che si è formata negli ultimi anni ed è di grandi dimensioni. Tutto ci dice che il vulcano è attivo e potrebbe eruttare all’improvviso». Enzo Boschi presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, pur nella cautela, ha toni preoccupati raccontando i risultati dell’ultima campagna di ricerche compiute sul Marsili, il più grande vulcano d’Europa, sommerso a 150 chilometri dalle coste della Campania. Dal fondale si alza per tremila metri e la vetta del suo cratere è a 450 metri dalla superficie del mare. La sua struttura è imponente essendo lunga 70 chilometri e larga 30. È un mostro nascosto di cui solo gli scandagli hanno rivelato il vero volto. Intorno si sono osservate diverse emissioni idrotermali con una frequenza ultimamente elevata e proprio queste, unite alla debole struttura delle pareti, potrebbero causare crolli più inquietanti della stessa possibile eruzione. Di recente sono stati registrati due eventi, per fortuna contenuti. «La caduta rapida di una notevole massa di materiale — spiega Boschi — scatenerebbe un potente tsunami che investirebbe le coste della Campania, della Calabria e della Sicilia provocando disastri». Nel cuore del Marsili gli strumenti hanno dato un volto alla camera di magma incandescente che si è formata e che oggi raggiunge le dimensioni di quattro chilometri per due: è come una pentola ribollente con il coperchio ben tappato. Il Marsili è da anni un sorvegliato speciale per alcuni segni lanciati.

«URANIA» - La sua storia si confonde nel tempo e non si sa quando sia avvenuta l’ultima eruzione: di certo in epoche lontane. Ma proprio i segnali emessi hanno indotto a studiarlo e l’ultima campagna iniziata in febbraio con la nave oceanografica Urania, del Cnr, ha fatto aumentare la preoccupazione. Le frane rilevate indicano una instabilità impossibile da ignorare. «Il cedimento delle pareti — nota Boschi — muoverebbe milioni di metri cubi di materiale, che sarebbe capace di generare un’onda di grande potenza. Gli indizi raccolti ora sono precisi ma non si possono fare previsioni. Il rischio è reale e di difficile valutazione ». La ragione sta nella situazione in cui si trova il vulcano. L’Etna in questi anni è stato tappezzato di strumenti in grado di avvisare se un’eruzione è imminente, almeno con un certo margine di preavviso. Il Marsili non solo è sommerso ma è privo di queste sonde pronte ad ascoltare le sue eventuali cattive intenzioni. Bisognerebbe installare una rete di sismometri attorno all’edificio vulcanico collegati a terra ad un centro di sorveglianza. Ma tutto ciò è al di fuori di ogni bilancio di spesa. Con le risorse a disposizione si collocherà qualche nuovo strumento ma non certo la ragnatela necessaria. «Quello che serve — conclude Boschi—è un sistema continuo di monitoraggio, per garantire attendibilità. Ma è costoso e complicato da realizzare. Di sicuro c’è che in qualunque momento potrebbe accadere l’irreparabile e noi non lo possiamo stabilire».

Giovanni Caprara tratto dal Corriere delle Scienze